“E cominciarono a far festa” (omelia Arcivescovo Delpini nel giorno dell’ordinazione) Questo nostro tempo ha bisogno di incominciare a far festa. Avete fatto bene, voi candidati della diocesi di Milano a scegliere come motto: e cominciarono a far festa (Lc 15,24). Questa terra, infatti, questa chiesa ambrosiana, questa umanità che ha bisogno di tutto, ha però un bisogno immenso di gioia, di festa. L’hanno cercata dappertutto la gioia: inseguendo il piacere, il potere, la gloria, la fama. Ne hanno uno struggente desiderio e l’hanno cercata dappertutto.
Ma non l’hanno trovata. Perciò avete fatto bene voi ad annunciare che si può cominciare a fare festa e a essere felici; avete fatto bene a far risuonare come titolo del vostro ministero la promessa della festa.
La vostra gioia non basta al desiderio del mondo. Devo però dirvi che la gioia non si può comandare, non si può essere lieti per obbedienza e l’invito alla festa non può essere un impegno da imporre: il fratello risentito che non vuole entrare alla festa voluta dal Padre troppo buono per il fratello troppo sciagurato. Devo dirvi che le vostre buone intenzioni non bastano al desiderio di mondo di fare festa.
A quale festa ci invitate? che cosa avete da offrire, che cosa ha da offrire la Chiesa al desiderio di gioia del mondo? Voi, ordinati per il ministero, voi tutti discepoli del Signore, tu, Santa Chiesa di Dio, voi siete solo dei servi. Voi siete i servi dell’inquietudine. Voi siete incaricati di quella parola, di quella presenza, di quell’inquietudine che visita il figlio lontano, il figlio fallito, il figlio desolato, il figlio perso nella sua vita dissoluta per suscitare in lui la nostalgia di casa. Voi siete mandati là dove abitano i figli amati per una parola originale e inquietante, per quel rientrare in se stessi che oggi sembra proibito e impraticabile, per quell’invito che convince a conversione perché libera dalla disperazione e annuncia che c’è un Padre che aspetta, c’è una casa paterna che si aprirà per accogliere il figlio che era morto ed è tornato alla vita, era perduto, ed è stato ritrovato. Voi siete servi dell’inquietudine che convince al cammino, che propone il rientro a casa e apre alla sorpresa di essere attesi dalla festa che Dio prepara per i suoi figli amati. Voi siete i servi che portano la testimonianza di Gesù che è lo Spirito di profezia. Voi ordinati per il ministero, come tutta la santa Chiesa di Dio, siete uomini di preghiera che insegnano a pregare. Voi siete mandati a ripetere ai fratelli e alle sorelle che incontrate le parole di Paolo: Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche, ringraziamenti. Voi che siete mandati per invitare alla festa, sappiate dire donde si attinge la gioia che vi abita: sentitevi incaricati di ripetere le parole di Paolo: Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie. Non conosco altra via per aprire gli occhi sul mondo e riconoscervi la presenza della gloria di Dio che non sia la preghiera. Non conosco altra via per tener vivo il desiderio della festa eterna di Dio per ascoltare l’invito dell’angelo che annuncia la beatitudine dicendo: “Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello” che non sia la preghiera. Voi ordinati per il ministero non avete in voi abbastanza gioia per dare gioia agli altri, non avete abbastanza speranza, non avete abbastanza vita. Non scoraggiatevi, non accontentatevi della mediocrità, non dissimulate le vostre debolezze. Siate invece sempre servi in cammino, lasciatevi trasfigurare dalla docilità alla grazia. Andate dunque e invitate tutti perché la festa cominci: siate i servi dell’inquietudine che chiama a conversione, siate uomini di preghiera che insegnano a pregare, siate servi in cammino che si lasciano trasfigurare per essere uomini nuovi.